05 Mag Avete mai toccato un nero?
L’esperienza di Slay nelle scuole del Mugello che è riuscito a destare la curiosità nei bambini e nei ragazzi
All’inizio, quando Arianna mi ha parlato la prima volta dl progetto dei laboratori a me non piaceva…non mi piaceva l’idea di andare nelle scuole a parlare con i ragazzini perché non avevo la testa tranquilla e anche i ragazzi del centro di accoglienza mi dicevano: “Ma dài… ma a che serve? No no non possiamo andare a parlare così, a loro interessa solo scoprire se abbiamo il permesso di soggiorno…”
Io non ero per niente convinto di andare ma non volevo dire no ad una persona tanto gentile, allora ho deciso di provare una volta e sono andato a scuola.
Il primo giorno
Il primo giorno mi sono divertito, ho vissuto un’esperienza nuova e le domande dei ragazzini mi hanno fatto capire tante cose su quello che le persone italiane pensano di noi, anche i bambini delle elementari facevano domande molto strane e mi sono reso conto che c’era tanto da fare… All’inizio quando siamo arrivati in classe c’erano alcuni che avevano un po’ paura e non volevano neanche parlare con me, erano arrabbiati con i migranti, invece alla fine tutti insieme sono venuti e mi hanno chiamato a giocare fuori con loro.
E’stato bello vedere che dopo il laboratorio tanti ragazzi hanno cambiato atteggiamento verso di me, che dopo avermi conosciuto hanno cambiato idea. Questo mi ha dato speranza e fiducia di riuscire a fare qualcosa di importante per questo progetto.
Quando sono tornato a casa e l’ho raccontato ai miei amici, gli ho detto che per me bisognava andare nelle scuole per spiegare a tutti il motivo che ci ha portato qui, perché i ragazzi pensano spesso cose che non sono vere, pensano quello che gli dicono: che siamo qui perché abbiamo fame, vogliamo rubare il lavoro e le donne agli italiani… Noi dobbiamo dirgli perché siamo qui e fargli vedere come siamo, perché molti pensano che siamo cattivi ma dobbiamo dimostrargli che anche noi possiamo dare qualcosa di positivo a questo paese.
Così la seconda volta sono andato convinto. E anche questa volta i ragazzi più grandi sono cambiati e molti di loro sono diventati miei amici, spesso parliamo su Facebook e su Istagram e WhatsApp.
Tutti i giorni quando prendo il telefono vedo tanti messaggi e commenti alle foto che pubblico, per strada quando vado da solo o con gli amici mi fermano e mi salutano… mentre cammino vedo persone che mi chiamano dalle macchine: Slay…Slay!, anche se io non mi ricordo di tutti, né di quale scuola sono… anche alla coop mi fermano e mi chiedono come vanno le cose? Quindi grazie ai laboratori ho potuto farmi tanti nuovi amici. Sono contento anche perché siamo riusciti a cambiare l’80/90 per cento dei ragazzi che sembravano razzisti ed erano contro i migranti. A volte incontro bambini e ragazzi con i loro genitori e mi presentano. Spesso i genitori cominciano a raccontare le cose che i figli gli hanno detto a casa su di me e faccio amicizia anche con loro!
Due Fazioni
In tutte le classi dove siamo stati mi sono accorto che è come se esistessero due fazioni distinte: quelli non hanno problemi con gli stranieri e che non sono ignoranti e quelli che sono ignoranti e dicono cose razziste… ma vedere questa cosa nella stessa classe tra bambini che frequentano la scuola e sono allo stesso livello è molto strano per me… perché io penso che le persone razziste non sappiano tante cose, e per questo sono razziste… in classe succede però che quelli che hanno opinioni totalmente negative cambiano idea e sono loro che diventano i miei primi amici…
Secondo me i ragazzi che ce l’hanno con i migranti la pensano così perché non hanno mai avuto la possibilità di parlare con una persona come me e potergli fare tutte domande che vogliono.
Questa chiusura viene anche dalle loro case, dipende da ciò che gli dicono i genitori, dai discorsi dei grandi, che i bambini assorbono subito senza pensare, da lì viene questa ignoranza… dalle famiglie.
Viene anche dai discorsi dei politici e dall’opinione politica dei genitori… spesso i bambini prendono sul serio solo quello che gli dicono i genitori ed è da lì che alcuni bambini e ragazzi diventano ignoranti… non sanno neanche spiegare perché non amano gli stranieri, pensano sia giusto e basta.
Vedere oltre il nero
Quando una bambina tunisina alla fine dell’incontro mi ha chiesto se avevo paura dei neri, è stato proprio perché all’inizio quando sono arrivato mi aveva visto come un nero, dopo che abbiamo parlato e ci siamo conosciuti i suoi occhi hanno cambiato sguardo e hanno iniziato a vedermi come una persona… probabilmente non aveva mai avuto l’occasione di parlare con una persona come me davanti a lei.
Accade l’incredibile
Il giorno in cui ho pensato di proporre ai ragazzini di toccare la mia pelle, l’ho fatto perché avevo visto che alcuni quando sono entrato in classe e li ho salutati non volevano avvicinarsi e si erano messi a sedere lontani da me e quando li guardavo abbassavano lo sguardo e non riuscivano a guardarmi negli occhi… A quel punto ho domandato a tutti se qualcuno di loro avesse mai toccato un nero, aprendo le mie braccia… Tanti si sono alzati e si sono avvicinati, a quel punto gli detto di chiudere gli occhi e toccarmi le mani e poi gli ho chiesto che sensazione avessero… e loro hanno risposto che avevano la sensazione di toccare un uomo, un essere umano… Quello che volevo dimostrare è che dal tatto e dalle parole siamo tutti uguali, solo il colore della pelle è diverso.
In quel momento mi sembrava di essere in Africa, con i miei fratellini e sorelline piccole che stavano intorno a me, neanche io sentivo differenze… mi sembrava come quando giocavamo a scuola ( ad un gioco tipo moscacieca), ero contento di sentirli tutti intorno a me.
L’empatia
Ma la volta in cui mi sono più emozionato è stato durante l’ultimo incontro dell’ultimo laboratorio, quando, mentre raccontavo di quando ho lasciato il mio paese, l’ultimo giorno in cui ho lasciato mia casa e tutti i miei amici, non sapevo dove andavo e ho iniziato il viaggio dietro il cassone di un camion, c’erano tre ragazze davanti a me che mentre parlavo stavano piangendo… E’ stato emozionante perché ho rivissuto le sensazioni di quel momento…di quando ho lasciato il Togo senza sapere quello che mi aspettava… le torture, la violenza… E’ stato molto brutto tutto quello che ho vissuto durante il viaggio ma mi ha aiutato a crescere, mi ha reso una persona diversa, una persona più forte.
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